Con sentenza n. 10037/2015 la Corte di Cassazione ha affermato che le azioni vessatorie qualificabili come mobbing, commesse da un superiore gerarchico nei confronti di un sottoposto, comportano la responsabilità del datore di lavoro, salvo il caso in cui quest’ultimo dimostri di aver adottato tutte le misure necessaria ad eliminare le iniziative vessatorie.
I giudici della Suprema Corte evidenziano che qualora le azioni persecutorie e la condotta mobbizzante siano particolarmente gravi, devono essere necessariamente note al datore di lavoro; se quest’ultimo rimane inerte di fronte a tale comportamento diventa corresponsabile, alla stregua del soggetto che ha commesso materialmente gli atti vessatori, al fine del risarcimento dei danni subiti dal dipendente.
Sent. Cassazione Sez. Lavoro n. 10037 del 15/05/2015
(fonte: Direzione Provinciale del Lavoro di Modena – Dottrina per il Lavoro)
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